Correre, camminare, scappare.

 

La foto è sgranata e buia.

Proprio come lo ero io.

Quando ho saputo che la mamma aveva la malattia di Alzheimer è diventato tutto buio: sapevo cosa significava.

Non conoscevo i particolari, i respiri, le attese,.... conoscevo solo il "titolo" di quel libro e ne potevo intuire vagamente il contenuto dalla copertina. Una copertina sfocata, proprio come questa foto, incerta.

In me una esigenza. Sempre più forte. Sempre più potente. Avevo bisogno di scappare e mettere più strada possibile fra me e la diagnosi. Fra me e la malattia. Fra me e la realtà.

Andare

Scappare

Allontanarmi

Non potevo farlo, chiaramente. Dovevo essere presente e lucida. Dovevo essere di aiuto. Dovevo resistere. Per farlo ho dovuto trovare uno spazio ed un tempo per me. Ho iniziato a camminare, camminare tanto e non appena possibile. Strada sotto i piedi. Sentieri vicino a casa, che rientravano sempre prima di sera. 

Poi non mi sono bastati più. Ho cominciato a correre. Correre per stancarmi. Correre per non avere più fiato. Correre per dimostrare a me stessa che qualcosa era ancora in mio potere. Non sarei riuscita a fermare l'Alzheimer, ma potevo provare a correre una maratona.

Allenamento

Costanza

Sacrificio

Distanze un po' più lunghe. Il respiro che non è così affannoso. Lo sguardo che si alza e guarda intorno. Corro. Corro davvero anche se i dolori si fanno sentire. Non ho sicuramente 20 anni e il mio corpo non è abituato.

Ho scoperto che le lacrime, correndo, si asciugano più in fretta. Si mischiano al sudore. Acqua salata da un'unica fonte. Il mio mare che esce e diventa più calmo. Nessuno scoglio a fermarlo.

Corro e mi stanco. Corro e la mente è tutta nei piedi. Corro e ci sono io. 

Determinazione

Orgoglio

Sorriso

Finalmente. Sono contenta di me. Ce la faccio. Vado. Parto con gli occhi al cielo e le persone che ho nel cuore appese ai lacci delle scarpe.

Maratona di Parigi 2018.

Fatta.

La maglietta nella foto, un po' celata dal buio della prima sera, porta scritto "Shut up and run"